venerdì 18 aprile 2008

La fine dell'uomo nuovo

Ha vinto Berlusconi. Piaccia o meno, la vittoria è stata netta. Nel baseball verrebbe decretata la manifesta inferiorità. I motivi di questo successo sono molteplici. Primo fra tutti la volontà di semplificare la politica e mettere nell’angolo coloro che hanno, di fatto, eroso consensi e frenato l’azione politica dell’ultimo governo presieduto dal leader di Forza Italia.

La sfida del “predellino” di San Babila ha riportato il futuro premier al centro dell’azione politica nazionale, cavalcando l’antipolitica come nessuno sarebbe stato in grado. Ridicolizzando Grilli parlanti, neodem di ispirazione veltroniana e soprattutto la maggioranza in carica, incapace di modernizzare il paese, di renderlo innovativo e competitivo sui mercati mondiali.
In fin dei conti quello che è successo il 13 e 14 aprile non avrebbe nulla di anomalo se non per un particolare: la fine della rappresentatività parlamentare di stampo comunista in Italia.

Un comunismo che non ha avuto più nulla da dire al suo elettorato. Un elettorato che è maturato, che ha colto il superamento ideologico, buono forse per la Rivoluzione industriale, non certo per il terzo millennio. Bertinotti, Diliberto, Giordano, impresentabili agli occhi dei loro sostenitori, sono stati puniti per non aver colto il malumore e la paura generata da una politica terzomondista che non guardava più agli strati deboli della società, ma all’indulgenza verso i clandestini, “produttori” non sempre inconsapevoli di delinquenza, oppure evidenziando l’atavico odio verso gli Stati Uniti e l’occidente come deleteria espressione del capitalismo.

La storia ha fatto giustizia. Arriviamo con vent’anni di ritardo, ma anche noi abbiamo definito il capolinea e il confine fra democrazia compiuta e sistemi che si ispirano ancora apertamente ad un tragico passato. Urss, Cambogia, Vietnam, Corea del Nord, Cuba sono la sottile linea rosso(sangue) che ha procurato guerre, torture, povertà e miseria.

Il successivo scardinamento sarà quello dei “poteri forti” che dominano il nostro sistema culturale dal dopoguerra, e della “triplice” che, guarda a caso, è espressione di un mondo cattolico sgretolato (quello democristiano), di un mondo socialista giustiziato (da tangentopoli), di un mondo comunista superato (dalla storia).

Una piccola riserva indiana, però, per i reduci della rivoluzione d’ottobre c’è. E ci sarà sempre. Il posto più idoneo per la sinistra radicale e i suoi guappi: la piazza.
Un posto dove ogni eccesso è consentito, ogni insulto applaudito, ogni intolleranza giustificata. Avanti compagni, il 25 aprile è dietro l’angolo. Il Parlamento riconsegna alla strada e ai consigli di fabbrica i sogni marxisti della lotta di classe.

Magari, partirà una nuova stagione violenta. La voglia di sentirsi vivi, a volte, produce isterismi difficili da controllare. Dove batte il cuore della democrazia, la libertà si difende con il voto.
Se ne sono accorti tutti. Gli italiani stanchi dei parolai per primi. Disse Papa Giovanni Paolo II del comunismo: “si è rivelata una medicina peggiore del male che intendeva curare.” La fine dell’uomo nuovo.

1 commento:

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